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La Rocca di Cittareale

Dal Catalogus Baronum apprendiamo che tra il 1150 e il 1168 Montem Gualterii era un feudo di un milite e mezzo (pari a 195 abitanti) appartenente ai fratelli Brunello e Roberto Cellino . Notizie più recenti relative al territorio di Montegualtieri si ricavano dallo Statuto federiciano sulla riparazione dei castelli , nel paragrafo dove viene citato il Castrum Palearii: «Castrum Palearii reparari debet per homines ipsius terre, Insule , Castelli , Tusciscie Pecti , Bassani , baronie Bisanti , Castillioni , Aquilani , Collis Altini et s. Andree Pennensis , terre dominorum Aquevive et terre Gualceringe [corsivo mio] et terre Cumunille » . Alla luce della provata contiguità materiale tra età sveva ed età angioina è molto probabile che il Castrum Palearii, con tutte le terre gravitanti intorno a esso, sia passato in seguito sotto la diretta amministrazione angioina . L'impianto fortificato di Montegualtieri è ancora ben visibile; sul luogo si riconoscono due fasi del processo d'incastellamento dell'abitato: la prima, risalente ai secoli XI-XII, è ancora individuabile sulla sommità di un colle che domina il percorso del fiume Vomano, con struttura apicale e piccolo recinto in opera incerta di pietra arenaria, e con primitivo mastio a pianta quadrata, ora fortemente mozzato sull'angolo est; la seconda, rimontante ai secoli XIV-XV, con recinto di "case-mura" fortemente scarpato nel pendio e raccordo con il primo nucleo. Al secolo XIII, con interventi nel XV, è databile invece la torre a pianta triangolare, posta sulla parte alta del recinto del primitivo incastellamento . Lo straordinario presidio fornisce un raro esemplare in Abruzzo (insieme alla torre di Sutrium presso Bussi in provincia di Pescara ) di torre a configurazione triangolare . La torre di Montegualtieri, situata su un costone roccioso ai bordi della strada che congiunge Roseto con Montorio al Vomano, costituiva un elemento primario nel sistema di avvistamento e di difesa della zona. La costruzione con murature in opera incerta di arenaria locale, s'innalza sopra un poderoso basamento a scarpa per la lunghezza di 18 metri. Sui tre diversi livelli delle facciate si aprono feritoie (le "arciere") , mentre l'unico l'ingresso si trova sul lato ovest.

  

Ai secoli XIV-XV sono riferibili sia i contrafforti verticali in mattoni, che l'apparato a sporgere del coronamento sommitale, con dieci esili beccatelli per ogni lato, collegati da archetti a sesto ribassato e sovrastanti merli ghibellini. Sarebbe interessante riuscire a ricostruire il primitivo coronamento di entrambe le torri triangolari prese in esame, in considerazione dell'importanza che esso riveste ai fini dell'inquadramento cronologico. Infatti, la presenza nella parte sommitale di una costruzione militare, di specifici accorgimenti difensivi può essere un mezzo importante per fornire una plausibile datazione della costruzione stessa. Se, sulla base delle analogie riscontrate e malgrado i tanti punti ancora oscuri, volessimo comunque provare a considerare contemporanee la torre di Cittareale e quella di Montegualtieri, dovremmo concludere per l'esistenza anche nella prima delle due località di un impianto fortificatorio di base anteriore alla riorganizzazione del centro da parte degli Angioini, avvenuta con certezza nella prima metà del secolo XIV . In effetti, osservando la torre del disegno quattrocentesco da un punto di vista tipologico difficilmente la si riconoscerebbe come un'opera militare edificata sotto re Roberto: alcuni studiosi hanno infatti individuato una tipica espressione dell'edilizia difensiva angioina nella conformazione solitamente cilindrica delle torri, di rilevante altezza, impostate su basi tronco-coniche e dotate di una serie ben riconoscibile di accorgimenti militari atti a rendere possibile la difesa di tipo piombante . Questo tipo di torre, ampiamente rappresentata soprattutto nell'Italia meridionale, sembra decisamente più evoluta rispetto a quella documentata a Cittareale almeno fino al 1458 dallo schizzo del diploma di re Ferrante, che la raffigura come una torre massiccia, coronata da merlature "a sporgere" ed entrata centrale in elevato, servita da un ponte levatoio e sormontata da una finestrella quadrata. Lo scarto che si registra tra le due tipologie edilizie trova una spiegazione nelle importanti innovazioni introdotte in tutta l'Europa nel corso del Duecento, e che finirono per rivoluzionare la tecnica difensiva. Se fin verso la metà del secolo XIII, la difesa restava superiore all'attacco, nonostante la semplicità dei mezzi a disposizione, i progressi compiuti dalla tecnica offensiva furono ben presto tali da rovesciare la situazione e spingere a loro volta la tecnica difensiva ad escogitare soluzioni atte a riguadagnare, almeno in parte, il terreno perduto. Il perfezionamento delle precedenti forme di fortificazione fu dovuto, infatti, al potenziamento dei mezzi di attacco sollecitato, da un lato dalla riscoperta di tecniche già usate nel passato attraverso la lettura di antichi trattati militari , dall'altro lato dai contatti avvenuti in Terrasanta all'epoca delle Crociate con ambienti nei quali, grazie alla mediazione bizantina ed araba, si era conservata la memoria della poliorcetica antica ed erano penetrate tecniche di provenienza orientale. Per resistere agli effetti devastanti dei nuovi mezzi offensivi, s'introdussero graduali ma continui miglioramenti nelle strutture difensive: innanzitutto si fece sempre più ricorso ai mattoni e alla pietra al posto del legno anche negli elementi accessori di coronamento; si scelsero quindi leganti migliori, si procedette ad una messa in opera più accurata dei materiali e si aumentarono lo spessore e la robustezza delle mura. S'iniziò inoltre ad allargare la base delle primitive torri con raccordi tronco-piramidali di muro inclinato con varia scarpatura (le torri furono cioè dotate di una "camicia" in muratura curvilinea), forma che ne migliorava le capacità difensive, contribuendo a ridurre gli "angoli morti", fino ad arrivare al Trecento, quando le antiche strutture furono generalmente sostituite da torri circolari.

Da Falacrina dicembre 2006 di Antonella Sciommeri

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